Un blog per chiedere ancora immagini


Un blog per chiedere ancora immagini. Anche e ancora - Gam - immagini, magi palindromi di vite reversibili, tutto in parole. Forse, in una colazione, una collezione, una coazione a ripetere.



24 Febbraio 2023



Sciami di comete
compatte combattono
nei cieli dispersi
dai turbo bui fiammanti
sopra gole di mota
svuotate, queste civiltà
svalvolate trepidate
e sversate come latte
in terra, senza seme
senza storia né verso
people people people
solo rutilante realtà





Noventana



Dicono di tanta parte, di me
gli oggetti inanimati
lasciati abbandonati
negli angoli di quel vestibolo
che non esiste più, che non c'è
se non in immagini solo mie
di un'età minuscola, cucciola.
C'erano le coperte stracci
dall'odore di minestre
depositi di sonno della nonna
sacchi di gusci d'uovo
bottiglie scoppiate
vecchie incubatrici
bici frenate in bozzoli
di ragni e vetri annebbiati
vasi di cocciopesto e terra secca
serra di spermatica ebbrezza
covando in armadi come gatti
inimmaginabili ragioni
non rifiutate, detriti
per costruire l'antica
bava da dove derivo
l'occhio per il vaticinio
e la futura famiglia del sogno.




Sentinelle



Affetto, di cui sei
più che liberato
da cose e cose, spifferi
di angosce, bocconi
di spavento, di ciò
provo a chiarire
che sono i grani
da cui sboccia il fiore.
Grani smodati
della mia costituzione
quella sabbia fine
perduta da ogni mano
come l’acqua tra le dita.
Sentinelle sentimentali
questi granelli dimenticati
s’intascano s’accasano
in fodere stupite
ad ante chiuse, in animo.



La donazione di Plotino



Un ausilio, o voce,
un nido di luce per asilo
un serico aiuto al percettore
che sappia condurre i pensieri
dai fili del Sole agli illustri
sedimenti di questo Mondo
profondo e sottilissimo di polveri
colorate, alle serate, danzanti
o meno, in grotte fluviali
azzurrissime e verdi,
al servitore, all’incatenato
che vedi badare alle ombre
che vedi curare le forme
che lascia le orme in cammini
d’argilla, sulle molli crete
dei giorni, piste e dintorni. 





Bastimenti




Cargo impietrati nel grigio mare
in verde-azzurro chiaro freddo
mormorare d'onde, di vento e fetore
penetrato esalato in narici
sfiancate di sardina tra quest'erba
marina sfibrata, ammutinata
ammucchiata in bracciate di rena
come se il nuotatore spedisse
le spiagge in corse infinite e i corvi
aleggiassero tra i relitti degli oggetti
che ho lasciato naufragare;
donde colpa, che mi sento, d'errare
come si fa nei gruppi d'uccelli spazzini
alla cerca di cibo, materia che s'incorpora come
assassini, in cacce tra similitudini.
Come si vede in questa natura
depositata, scartata dal ruminare
immenso del mare, le mie bianche
corazze, i miei fili di fibra
i molluschi di bave di spettri
i sogni disseccati dal sole
esposti a violenza e calma parlano ancora
parleranno meno, saranno sabbia.



Orli

 
Ai bordi di un diaframma di cielo
ci salutiamo per la prossima luna
ci sentiamo intimi uccelli di laguna
che filtrano correnti di pesci
piantando i becchi aguzzi sul mantello
delle stelle, di presso ai trampolieri
tentennanti, al murmure ibrido
delle iridescenze baluginanti
esattissime lamine d'ignoti dolori,
colori squamati di viscide ali
colori spettrali, colori del bagno
di mille fondali, intimi amici
di un'assenza comune, madreperlacea...
(non posso chiedere ancora
clemenza alla tremula sera,
alle ombre filanti del sole,
mormorare concessioni:
un'ora di quiete, un cibo di pace
per l'inverno che avanza)
La tavola del pomeriggio
offriva gli ultimi accordi:
battiti d'onde e armonie d'uccelli
sotto un equilibrio di scie dorate.
Il lavoro è fatto, la riva di massi
su cui poggia lo sguardo il cormorano
è un accumulo di forze emblematico
e strano, la città che cambia,
i motoscafi quasi immoti
nella sessa, il regalo di questo tempo 
intimo col tutto e solitario.


Ferragosto


I muri vestiti di stracci
slavati delle strade festive
tra gli isolati assolati che cantano
con il rullo delle cicale
per le nostre mete estive, 
imprudenti come cani sciolti
senza ciechi fini, senza vuoti
ci mendicano oboli,
ci chiedono grazia di una 
spicciola attenzione.


Distanze


Il tuo argomento stenta
a lasciar spazio alle ragioni
di nebbiosa tristezza, a quei miei 
batuffoli di sospiro, a calamità
errabonde che si abbattono
un giorno o l'altro,
non ostante siano mancati
gli incoraggiamenti, le feste
le ricorrenze e i richiami. 
Senza i nutrimenti del vivace
mare delle cose del caso,
come un vento ossessivo
che spinge avanti volendo
sempre e solo il suo mondo
solo il suo mondo corretto
e raddrizzato e saldo, si corre 
il rischio di perderti di vista
come il suo corridore la tartaruga.


Civiltà


La pace non si trova più come un vecchio 
saluto nelle mani, che nelle tasche
frugano sabbia, nelle maniche vento,
sarà il deserto della sete, una via
della seta in camicie vuote, saremo
molti a cercare, saremo locuste in legioni
e senza canti e lacrime ci spazzerà
il vento. 
Vediamo prima di non vedere più
sappiamo prima di non capire più perché
e agitiamo le gambe per non morire ancora
prima di aver percorso il tratto
questa riga tronca, questo testo mozzo
della vita, sparata via nel nulla senza 
alcuna conseguenza.
L’assenza della pace nella vita breve
di un bambino morto in guerra
madri, padri, figli in foglie di cera
frutti disfatti caduti acerbi, rami seccati.


Preso



Ondeggio e vagheggio tra le trame
di un forte legame che si scioglie
e le foglie ormeggiate per un soffio
nel porto del giardino fino a covare
questa nuova primavera mi sollevano
dalle incombenze, così prudenti, così
indulgenti, che posso tornare a vedere
miraggi d’oasi, paradisi, campi elisi
innesti di pianti nelle presenze
del mio sciocco tempo e un tepore
nella potenza dell’edera penetrata
nei cavi soliloqui del muro.



Fosco



Annebbiato di grigio azzurro
porto i passi tra le rughe
e i rami morti delle calli
ancora come un profano
forse come un esotico gentile
nei ghetti della mia memoria,
forse marrano, spaesato calpesterei
i selciati scivolosi coi tacchi
del mio tango involontario
quando i rintocchi bollano l’aria
del mezzodì, un nuovo termine
a tutte le mattine passate.




Palming



Il pensiero del corpo nero
nelle segrete degli occhi chiusi
si è rivelato, nel tempo di un breve
istante, una magia sonora;
la voce d'oro che mi chiamava
dalle particelle sperse del cosmo
quella del suo toccante amore,
e le nari all'in sù dei piccoli nati
tappati dalle talpe di velluto
nelle tane dell'esercizio
così spirituale, aspettavano
di avvertire una presenza,
un mio profumo, una parvenza
un odore di metallo e terra
di stella, un sapore di brodo
ai vibrioni satellitari.
Destino incerto della materia
grigia, camera oscura distesa
sui fuochi dell’ellissi dove
le mie vibrisse cercano i moti
e i ciliati ne sono solleticati.
E’ la bruciante sollecitudine
il motto di questo campo,
non è il lavoro che rende conto
della libertà dell’affaticato.


Toilette


Lo faccio inconsciamente mi dirai 
questo soliloquio con il morto
specchio che tiro a lucido costantemente

Si fida ormai delle prestate attenzioni
si adopera per non riflettere mai
a sproposito, ma ponderatamente

Un peso su questo sguardo, un calo
della linea delle parpebre verso l’umore
che non riesco a dire mio del tutto

E' sorprendente come mai mi sia
sentito estraneo in questo volto 
che mi chiede una ragione in più

Leggevo che si cerca da chiunque sia
la spiegazione - la sorte dell’ansia -
il sicuro mistero deve crescere con gli anni


L'economia della notte


Una passeggiata nello spazio
mentre l'acqua arriva a ridere
e poi una tazza di kukicha
per determinare il fine
della nostra estinzione.

Perché il senso del fine
ha un suo perché e il senso
dell'oltre mi rassicura nel buio
se odo il tuo invito all’orecchio
forse la testa è nel grembo
oltre misura prima del tempo
o dentro l'occhio della terra
essere i suoi azzurri,
o le palpebre che dormiranno.

Scheletri nei fuochi della terra
ridono per sempre arsi di sete
il riso dell’acqua è estinto nel cielo
in nebulose ironiche e pascoli pii
di angeli, spiriti conici, numeri, idee.




Missa


Si ferma sulla mano che scrive
quella parcella dell’apparenza
che vuole svelare delle tue spalle
un segreto di dune, dei tuoi seni
una fioritura d’uccelli in ciarle
inafferrabili tanto da sperdermi
coperto da un tessuto di cui non comprendo
la trama, la stoffa, le linee di fili
a cui appendo una certa gelosa
partita coi tuoi occhi, le movenze
delle pieghe, i tocchi.
Spogliandoci delle ultime ruvide
impurezze, in un giardino che spilla
rugiade con labirinti di bosso al centro
dell’anima, torrette di tempo 
per intere vite di paradiso, e fughe
d’archi mentre vedo tutto, e vedo 
ancora da una prospettiva isolata,
temporalesca, la tua aurora
boreale, l’anello che t’incorona
in assenza, in fiera libertà
da ogni nostro ansioso sorvolarti.
Consentiamoci almeno, senza muoverci
dalle nostre poste, i riti dei corpi
con la celebrazione della transustanziazione.

Autore

La mia foto
Venezia, VE, Italy
Provo un certo attrito con me stesso se devo immaginare qualcosa che non provenga dall'esperienza reale, o sognata. Trovo motivi di pacifica contemplazione nel seguire le linee del paesaggio o le forme di un corpo, o i lineamenti di un volto. Ma non c'è solo questa prospettiva irenica, c'è l'espressione della mano, l'azione che imita il vero e si riporta nella durata, ancora per gli occhi.

gli anni